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Cultura, Libri

Presentato alla Ubik: La Ballata Dei Precari – Un libro (e un film…) di Silvia Lombardo.

Abbiamo incontrato Silvia Lombardo qualche sera fa alla Ubik di via Benedetto Croce dopo la presentazione del suo primo libro: La Ballata Dei Precari. Un incontro divertente e spontaneo: l’autrice era in compagnia di Mariano Caiafa (aiuto – regista dell’episodio Opera-i del film “La Ballata Dei Precari”) e dell’insegnate precaria poetessa del precariato Elena Lavorgna.

Ma procediamo con ordine: lasciamo che Silvia ci spieghi come nasce un libro così urgentemente attuale e come il libro ha generato il film!

Sono precaria da quindici anni e all’inizio c’è stato un periodo di sei mesi della mia vita in cui sono rimasta completamente senza lavoro: cercavo lavoro in tutti i siti di annunci quindi avevo imparato a conoscerne pregi e difetti, la struttura. Mi ero messa in testa di fare un blog serio che servisse da guida per quelli che come me cercavano disperatamente lavoro. Il fatto di scrivere un blog serio sarà durato sì e no un mese e mezzo perché cercando lavoro trovavo degli annunci per bagnino, per commessa, come stagista gratis e commentavo ironicamente questi annunci e quindi il ‘blog serio’ si è convertito in un blog semiserio che si chiamava “Almost Thirty” ma io preferisco dirlo all’italiana “Almost trenta… Il diario ignifugo di una quasi trentenne” – il cui claim era “ho sempre bruciato tutto quello che scrivevo:con quello che guadagno bruciare il computer è un atto di puro auto lesionismo, finalmente i miei scritti mi sopravviveranno! Il blog mi dava lo sfogo e soprattutto mi dava l’interazione con il pubblico: vedevo con i post che scrivevo che più tragicomico era e più commenti riceveva. Cioè trovava grande consenso perchè era sentimento condiviso amaro… e quindi scherza qui scherza li sono nati i post che si chiamavo “Guida di sopravvivenza per trentenni”. Avevo raccolto questi post arricchendoli e li avevo mandati in giro e ai miei amici come regalo economico perchè il precario si deve ingegnare (strenna low cost) – Ma che dici è divertente? – Guarda che è ampiamente condivisibile! L’ho fatto leggere al mio amico X, al mio amico Y, ci si ritrovano tutti e poi c’è stato l’incontro con l’editore di Torino, la casa Miraggi Edizioni, con il quale ci siamo trovati in comunione di intenti e hanno deciso di pubblicarlo!

Il libro è scanzonato e leggero, tremendamente divertente di quel divertimento pungente cionondimeno è colmo di quei contenuti che ritraggono la nostra generazione senza pietismi né compiacimenti. Com’è diventato un’opera cinematografica?

Il blog ha trascinato dentro al mondo dei blogger anche Giordano Cioccolini e Tiziana Capocaccia che sono due miei amici che in risposta hanno cominciato pure loro ad aprire due blog. Sono un architetto e una psicologa [precari ovviamente – ndr] con i quali ci divertivamo a scrivere racconti. Tiziana scrive fiabe per bambini (è una psicologa dell’età evolutiva). Già giravamo cortometraggi… un giorno Giordano intona una canzonetta parodiandola a misura di precario ed è nato: – Facciamo un musical! Una cosa alla Bollywood, assolutamente demenziale. E ovviamente non potendosi pagare i diritti abbiamo scritto “Opera-i”, il primo episodio del film: in esso abbiamo utilizzato solo arie d’opera, per non dover così pagare i diritti d’autore… Dopo aver realizzato altri due episodi, “Stragisti” e “2050”, ne abbiamo portato a sei il numero complessivo, per un lungometraggio di 80 minuti circa che, per me, non va tanto considerato come un’opera cinematografica in senso stretto quanto un esperimento ibrido, poiché è stato realizzato da un collettivo di circa 300 persone di cui metà operatori dello spettacolo e l’altra metà di “precari” generici operanti nei più svariati campi. A maggio presenteremo il film al Teatro Valle Occupato, grazie al notevole interesse del gruppo di lavoratori dello spettacolo per le tematiche sociali e del lavoro.

Il film La Ballata dei Precari è stato girato al limite del ‘no budget’ da precari tra 28 e i 40 anni e attori dell’Accademia D’Arte Drammatica Silvio d’Amico e il Centro Sperimentale di Roma. E’ in effetti il primo vero film sul precariato e si pone domande semplici semplici: ha continuare a fare stage senza retribuzione?Cosa accadrà ai precari una volta divenuti over 65? – Perché si continua con corsi e master di ogni genere? Può la famiglia restare l’unico ammortizzatore sociale italiano?

Hai scoperto la tua vocazione umoristica in corso d’opera oppure è proprio il tema del precariato che ti ha suggerito un approccio del tipo “ridiamo per non piangere?”

Ho sempre avuto un temperamento umoristico. Affrontare la precarietà lavorativa con questo piglio mi è venuto naturale, trovandomi io nella stessa situazione. Inoltre, sono dell’opinione che affrontare con il sorriso un argomento così drammatico può lasciare al lettore, come allo spettatore, più spazio per pensare rispetto ad un trattamento “serio”; in fondo – come scrisse Chaplin – “la vita è una tragedia in primo piano e una commedia in campo lungo: tutto sta a spostare la cinepresa”.

Che cosa c’è per te dietro alla progressiva precarizzazione del lavoro in Italia?

Beh, io posso dire quello che vivo ed osservo. Narrare l’esperienza di tanti amici che erano andati a lavorare all’estero, sono tornati in Italia e dopo un po’ sono scappati di nuovo via a gambe levate. A differenza delle istituzioni, noi giovani lavoratori abbiamo avuto già da qualche anno la percezione, dal di dentro, di quello che sarebbe successo. La realtà è che di lavoro ce n’è poco, sempre meno, e sempre meno pagato. È sempre più precarizzato, che è peggio di più flessibile (la flessibilità può avere aspetti positivi); e, cosa ancora peggiore, siamo noi stessi, per primi, ad aggravare lo stato di cose, accettando lavori spesso sottopagati e quindi, non dando valore adeguato al nostro lavoro. I lavoratori precari che si sottomettono a questo stato di cose finiscono col vanificare l’azione di quelli che invece reagiscono. Sta di fatto che, “a farsi i conti del pizzicagnolo” – come mi diceva mia nonna – un’intera generazione rischia di essere “bruciata”, nel senso che il potere d’acquisto della nostra generazione è talmente basso che a fatica ci si riesce, a trent’anni, a pagare una stanza, mentre alla stessa età i nostri padri riuscivano a comprarsi la casa

Qual è il consiglio che dai al tuo “lettore precario” per provare a cambiare le cose?

A me i consigli fanno sempre paura, in un certo senso. Non so… Ciò che mi sento di dire è che occorre, da parte dei giovani lavoratori, acquisire maggiore consapevolezza delle proprie capacità, scommettere su queste e, quando possibile (mi rendo conto che non sempre lo è), resistere davanti ai tentativi di svilimento del proprio lavoro. Sarebbe già tanto.

[Tutte le foto sono di Michela Iaccarino]

 

 

 

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