Più Festa, meno Festival! Questo sembra essere stato lo slogan della nona edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, svoltasi all’Auditorium Parco della Musica dal 16 al 25 Ottobre.
Se di Festa si fosse trattato allora avremmo visto più film commerciali e se invece avesse prevalso l’elemento Festival, avremmo assistito a un maggiore numero di film d’autore. Invece si può dire che l’edizione di quest’anno non sia stata né carne né pesce, né Festival, né tanto meno Festa. Pochi sono stati i film degni di nota, primo fra tutti Gone Girl di David Fincher, molto atteso dal pubblico, una vera garanzia di successo. La storia è tratta dal romanzo L’amore bugiardo di Gillian Flyn che ha curato anche la sceneggiatura del film. Altro film interessante è stato Still Alice, di Wash Westmoreland e Richard Glazer, in cui Julianne Moore interpreta una professoressa di linguistica che scopre di avere l’Halzeimer precoce. La aiuteranno nel suo tentativo di aggrapparsi a sé stessa, il marito interpretato da Alec Baldwin e i figli tra cui Kristen Stewart.
Stephen Daldry (foto cover), regista di Billy Elliot e The Others ha presentato invece il film Trash, vincitore di questa edizione, che racconta di un gruppo di ragazzini che vivono nelle favelas di Rio che si trovano a vivere un’avventura straordinaria legata a un portafoglio misterioso che contiene un segreto che tutti vogliono. Il film si è presentato come uno dei più interessanti e non ha mai stancato lo spettatore. Ben girato, ben scritto e i bambini, che sono davvero abitanti del luogo, attori inesperti, si sono rivelati molto bravi ed espressivi.
Non è mancato il film commerciale per teenagers che tuttavia ha fatto scendere la lacrimuccia anche ai più grandi. Anche questo tratto da un romanzo omonimo, Love, Rosie di Cecelia Ahern, una versione per teenagers di When Harry met Sally, ma ben interpretato e girato.
Rivoluzionario e originale è stato invece il film belga/ messicano di Gust Van den Berghe, Lucifer, girato interamente in tondoscope, mettendo a dura prova lo sguardo dello spettatore medio.
Molto interessante è stato anche il film portoghese di Joao Botelho, Os Maias che racconta delle vicende di una famiglia portoghese nell’ Ottocento e in cui gli attori agiscono davanti a scenografie posticce, come se fossero le scene di un teatro. Infine Nightcrawler di Dan Gilroy è stato il film più interessante fra quelli di chiusura, con un formidabile Jake Gyllenhaal nei panni di un videomaker d’assalto che vende i suoi cruenti documentari di incidenti e catastrofi al miglior offerente.
Per chi ama le serie tv americane e, in particolare quelle targate HBO e CINEMAX, quest’ultima ha presentato la prima stagione di The Knick con Clive Owen nei panni di un chirurgo di un prestigioso ospedale di New York tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Dopo Olive Kitteridge presentata alla scorsa edizione della Mostra del cinema di Venezia e il successo recente di HBO con True Detective, questa serie è la conferma che ormai il cinema sta prendendo la direzione della serialità, che si è dilatato per poter approfondire le storie e diviso in puntate che allo stesso tempo costituiscono ciascuna un film a sé. E quanto a The Knick nello specifico, si è trattato del prodotto migliore presentato al Festival.
La novità di quest’anno è stata l’assenza delle giurie, il pubblico è stato chiamato a votare il film migliore e oltre Trash, premio del pubblico per la sezione Gala, Shier gongmin/ 12 citizen di Xu Ang che racconta di un giovane, adottato da una famiglia molto in vista che uccide selvaggiamente il padre biologico. Haider di Vishal Bhardwaj, il film indiano adattamento dell’Amleto di Shakespeare, Fino a qui tutto bene di Roan Johnson (foto) per Cinema Italia nella sezione Fiction e nella stessa categoria per la sezione documentario Looking for Kadijia di Francesco Raganato.
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